Insieme alle meraviglie dell’architettura persiana, uno dei posti più visitati nella città di Isfahan, antica capitale di Persia durante la dinastia Safavide, è la cattedrale di Vank (“monastero” o “convento” in lingua armena), chiamata anche del Santo Salvatore, chiesa principale del quartiere armeno di Nuova Julfa voluto dallo Scià Abbas I a seguito della deportazione di migliaia di Armeni tra il 1603 e il 1605 dopo l’ennesima guerra tra la Persia safavide e l’Impero Ottomano.
A dire il vero, quartiere voluto e ben accolto dall’allora scià di Persia grazie alla fama che ruotava intorno alla popolazione armena di essere eccellenti artigiani.
Iniziata nel 1606, la cattedrale di Vank è stata una delle prime chiese costruite nel quartiere di Nuova Julfa, e oggi ne è sicuramente la più importante.
Completata con considerevoli modifiche nel 1655 e nel 1664, mentre l’esterno si presenta piuttosto semplice e austero, la chiesa vanta un interno interamente dipinto e finemente decorato con una cupola simile alle moschee persiane e l’aggiunta di un’abside semi-ottagonale e un presbiterio sollevato. L’esterno, in realtà, richiama fortemente i colori della tipica architettura religiosa delle zone desertiche, come il capolavoro della Grande Moschea di Yazd o l’affascinante moschea di Natanz, nella stessa provincia di Isfahan.
Sebbene meno evidenti che all’esterno, anche l’interno della cattedrale di Vank presenta elementi decorativi tipici della tradizione persiana, come i colorati motivi floreali. Costruita nel periodo di maggiore splendore dell’era safavide, in quanto sotto il regno dello scià di Persia Abbas I il Grande dopo il quale il potere della dinastia è iniziato a decadere, l’architettura della cattedrale di Vank può essere quindi considerata un vero e proprio mix di stili.
Come succede nelle immigrazioni, soprattutto a quei tempi, migliaia di armeni sono morti in viaggio, e il resto dei deportati, non appena arrivati, oltre a iniziare subito la costruzione delle chiese per portare avanti le loro tradizioni e celebrazioni religiose, soprattutto grazie alla grande libertà di culto di cui godevano sotto il regno di Abbas I, hanno costruito in contemporanea anche cimiteri, e anche all’interno del cortile della cattedrale di Vank ce n’è uno che custodisce i resti sia dei religiosi sia di fedeli.
Oltre alla chiesa e al cimitero, il complesso della cattedrale comprende anche un memoriale del massacro di armeni da parte dell’impero ottomano, e un museo che espone manufatti, pezzi preziosi di artigianato, oggetti tradizionali e sacri, arazzi e documenti, libri e mappe che ricordano il genocidio armeno.
Anche in Iran quindi si assiste ogni anno alle preparazioni per le celebrazioni, religiose e non, in occasione del Natale, che per i cristiani armeni è il 6 gennaio. Sembra infatti che i cristiani orientali abbiano mantenuto la tradizione originale, mentre in Italia si sia stabilita la data del 25 dicembre per celebrare la nascita di Gesù Cristo in quanto più vicini alla tradizione romana delle festività in concomitanza con il solstizio d’inverno e la successiva importazione del culto mitraico di origine persiana, come spiega Simone Zoppellaro nel suo interessante articolo per Treccani sul Natale armeno nel mondo.
Pur essendo stata un paio di volte nel quartiere di Nuova Julfa a Isfahan, non ho mai assistito al Natale armeno, motivo per cui mi farebbe piacere organizzare il mio prossimo viaggio in Iran proprio verso fine dicembre e approfittare a partecipare alle varie celebrazioni che ruotano intorno al solstizio d’inverno, il 21 dicembre, quindi la festa iraniana di Yalda, la notte più lunga dell’anno in cui la gente si riunisce intorno a tavole imbandite con cibi e frutti tradizionali e esprimono un desiderio leggendo le poesie di Hafez, e lo stesso Natale degli Armeni tre settimane dopo.
Ad essere sinceri, con innumerevoli feste e tradizioni di ogni tipo, ogni scusa è buona per viaggiare in Iran in qualsiasi periodo dell’anno.