Raggiungere l’altra metà del mondo a Isfahan, Iran

La città di Isfahan (o Esfahan) nell’Iran centrale è sempre abbinata all’espressione “metà del mondo”. Questa in realtà è una frase coniata nel suo periodo di massimo splendore sotto il regno dello scià persiano della dinastia safavide Abbas I il Grande. È in questi anni, infatti, che Isfahan ha conosciuto una fase di rinnovamento e abbellimento che l’ha resa il gioiello che vediamo oggi.

isfahan
Veduta notturna della piazza Imam di Isfahan

Descritta e lodata da viaggiatori, scrittori e artisti provenienti da diverse nazioni ed epoche storiche, dai nostri Marco Polo e Pietro Della Valle, scrittore, orientalista e viaggiatore romano, allo scrittore inglese Edward Browne, Isfahan ha incantato visitatori per secoli e non mostra nessun segno dell’età.

Non appena arrivata, pronta a fare il check-in nel mio hotel a due passi dalla famosa Piazza Imam, la mia prima esperienza nell’antica capitale di Persia e odierno capoluogo dell’omonima provincia è stata con un gruppo di Italiani che si apprestava a fare il check-out. Entusiasta, una signora ha esclamato, “Non mi sarei mai aspettata una tale oasi!”

Isfahan, infatti, è proprio questo, un’oasi di bellezza, e quello che mi accingevo ad esplorare ne era la prova, a cominciare proprio dalla famosa Piazza Imam, chiamata anche Naqsh-e Jahan, “mappa del mondo” in lingua persiana.

Parco dove la gente del posto va a rilassarsi nelle belle serate primaverili ed estive, una enorme piscina con sceniche fontane danzanti, un bazar di artigianato che risale ai tempi della leggendaria Via della Seta, e una cornice di moschee e palazzi storici come quello di Ali Qapu, Piazza Imam, precedentemente chiamata Meydan-e Shah, “piazza dello scià”, è tappa prima e fondamentale di qualsiasi viaggio a Isfahan.

isfahan
Interno della moschea di Sheikh Lotfollah

Dalla moschea di Sheikh Lotfollah, più una scuola islamica ed edificio di culto privato, a quella dell’Imam, la principale di Isfahan, al Palazzo di Ali Qapu commissionato dallo Scià Abbas I per segnare la gloriosa entrata ai diversi palazzi reali, sono tanti i motivi che hanno imposto la piazza tra i siti patrimonio dell’umanità dell’UNESCO nel 1979.

Uno dei periodi più importanti della storia e dell’architettura di Isfahan, infatti, è stato proprio il periodo safavide sotto Abbas il Grande, e la maggior parte dei palazzi e dei monumenti nel centro storico risalgono a quell’epoca. Tra i tanti progetti che lo scià persiano aveva in mente per abbellire la sua capitale c’era anche la costruzione della strada Chaharbagh Abbasi Street e una serie di giardini all’interno dell’odierna Piazza Imam.

Tra i capolavori che possiamo visitare c’è sicuramente il Giardino Chehel Sotoun, che letteralmente significa delle Quaranta Colonne, un parco a forma quadrata da cui si entra attraverso un passaggio coperto che conduce anche al Palazzo Ali Qapu dalla cui terrazza si ha un’ampia visione di tutta la piazza. Il Giardino delle Quaranta Colonne comprende anche un padiglione che, grazie alle elaborate decorazioni, costituisce un perfetto soggetto per gli amanti di fotografia.

Come nella maggior parte dei giardini in tipico stile persiano, l’acqua, organizzata in piscine, bacini e rivoli, ricopre sempre un ruolo fondamentale nello stile architettonico della regione. Qui, oltre a dare un’idea di freschezza, l’acqua, probabilmente per la presenza delle quaranta colonne che vi si riflettono, crea un’atmosfera surreale e affascinante.

isfahan
Giardino Chehel Sotoun, o delle Quaranta Colonne, a Isfahan

Il passaggio dal Chehel Sotoun all’Hasht Behesht è quasi immediato. Il Palazzo Hasht Behesht, letteralmente degli Otto Paradisi, è un’altra imponente struttura reale del periodo safavide costruita nel cuore di un parco. Il nome anticipa abbastanza chiaramente a cosa stiamo per andare incontro, un posto incantevole con decorazioni sofisticate, un labirinto di sale, passaggi e portici impreziositi da colonne tutto intorno, ornamenti di specchi e raffinati dipinti sui muri.

Nonostante la bellezza di questi giardini, tuttavia, le vere stelle del centro storico di Isfahan sono senza dubbio le due moschee che si innalzano ai lati della Piazza Imam, le attrazioni più visitate e illustri esempi di architettura sacra dei Safavidi. Maestosità, un elegante design di mattonelle blu e intricati motivi color pastello ne sono gli elementi principali, facendo di queste costruzioni monumenti emblematici dell’arte islamica della Persia del diciassettesimo secolo e della visione di estetica e bellezza secondo lo stesso scià Abbas.

isfahan
Soffitto del palazzo di Hasht Behesht, o degli Otto Paradisi, a Isfahan

Sebbene Masjed-e Imam, Moschea Imam (o Masjed-e Shah, Moschea dello Scià, come si chiamava prima della Rivoluzione del 1979), sia senz’altro un piacere per gli occhi, mi è piaciuto di più il mio viaggio attraverso il gioco di luci, l’accattivante interazione di colori, simmetrie e simboli, e l’atmosfera rilassata della moschea di Sheikh Lotfollah, l’unica senza minareti.

Un particolare che mi sarebbe probabilmente sfuggito se il guardiano non me l’avesse fatto notare è il bellissimo gioco di luce che creano i raggi del sole penetrando attraverso i buchi del soffitto e formando la coda di un pavone, unico stratagemma per cui una parte di animale poteva essere rappresentata all’interno di una moschea, e forse motivo per cui questa non è considerata una moschea a tutti gli effetti.

isfahan
La decorazione esterna dell’entrata principale della moschea dell’Imam a Isfahan

Tutto intorno alla Piazza Imam si estende un’altra delle meraviglie e testimonianze del periodo della via della seta, il bazar di Isfahan, chiamato anche Ali Qapu Bazaar Artistic Complex, come si legge alla sua entrata. Da subito ero consapevole del fatto che qui avrei fatto un milione di fotografie e anche speso una fortuna in oggetti di artigianato tradizionale.

Come previsto, dopo averlo esplorato per bene, mi sono immersa nei negozi che esponevano orgogliosi tutti i tipi di oggetti dell’artigianato iraniano, dalla raffinata argenteria alle ceramiche azzurre ai piccoli mortai in marmo che si usano per frantumare lo zafferano.

isfahan
Artigiano che lavora il metallo nello storico bazar di Isfahan

Dopo un’infinità di fotografie e migliaia (milioni, in realtà) di reali dopo, mi sono diretta verso il parco della piazza Imam dove la mia amica mi aspettava prendendo il sole, quando Navid, un giovane venditore di tappeti, mi ha invitata nel suo negozio a prendere il tè. Ostentando la discrezione di una dama dell’Ottocento di tutto rispetto appena uscita da un libro di Jane Austen, l’ho ringraziato assicurando che sarei tornata dopo, mal celando tuttavia i pensieri di donna pratica del ventunesimo secolo che si possono riassumere in due parole: “Come no”.

Avevo evidentemente fatto i conti senza l’oste. Quando ho raggiunto la mia amica, Iraniana doc, ho appena fatto in tempo a pronunciare la parola magica, “tè”, che è balzata in piedi, visibilmente col solo pensiero di una bella tazzina a forma di tulipano con la preziosa bevanda fumante, senza neanche farmi finire la frase e dandomi appena il tempo di raccogliere la mia roba.

La tazza di tè, almeno per me, è stata la scusa per iniziare a esplorare il fantastico mondo dei tappeti persiani e anche uno dei modi migliori per terminare una giornata bella e gratificante passata tra moschee, palazzi e giardini fiabeschi dell’altra metà del mondo.

 

Informazioni pratiche:

Per arrivare a Isfahan abbiamo preso l’autobus notturno da Shiraz per un viaggio di 6 ore e 250.000 reali (circa 8€). A Isfahan abbiamo pernottato all’Hotel Part, 3 stelle, situato in Jahanara Alley, Chaharbagh Street, distante circa dieci minuti a piedi dalla piazza Imam, per 1.600.000 reali (circa 50€) a notte per una stanza doppia.

Per gli autobus extraurbani in Iran, consultate il sito 1stQuest dove potete prenotarli online.