Visto che per avere un’immagine reale della Repubblica Islamica ho sempre pensato che la cosa migliore da fare fosse un viaggio in Iran in prima persona. E bene ho fatto, dal momento che solo spostandoci noi stessi ci possiamo rendere conto delle tante (troppe) distorsioni mediatiche.
Mentre ho deciso di dedicare questo blog alle mie personali vicissitudini in Iran, penso sia sempre utile sentire anche le esperienze e le impressioni altrui, di chi ha visitato la moderna Persia recentemente. Per questo motivo ho iniziato una rubrica dove intervisto italiani che sono stati in Iran e che hanno voglia di condividere le loro avventure.
La prima è una fantastica intervista con Davide Palmisano, ingegnere con la passione per la fotografia che proprio in questi giorni sta tenendo una mostra sul suo viaggio in Iran organizzata con la compagna di vita e di viaggi, Manuela Marchetti. Buona lettura!

1. Ciao Davide, puoi parlarci un po’ di te e di cosa ti occupi?
Ciao Angela, grazie molte prima di tutto per darmi questa opportunità, ti rispondo con piacere. Trovo sia importante chiedere contributi personali in forma di intervista, oggi si trascura l’espressione personale mentre io credo che si debba tutti quanti parlare di più di noi stessi, in prima persona.
Quanto a me, ti dico semplicemente che ho 42 anni, sono siciliano ma vivo a Trento da 20, ho due figli, una compagna di vita che amo che si chiama Manuela, una laurea in ingegneria che non sfrutto tanto ma almeno mi garantisce un lavoro buono sia per vivere che specialmente per conciliare le mie passioni personali, su tutte la fotografia. Passione quindi che non pratico – grazie al cielo – a livello professionale, ma proprio questo mi lascia una elevata libertà nelle scelte espressive a cui, anche per carattere o forse segno zodiacale (sono dell’Acquario!), davvero non potrei mai rinunciare.
2. Quante volte sei stato in Iran e per quanto tempo?
Una sola volta, lo scorso anno in primavera. Era un paese che “covavo” da tempo e con la mia compagna di vita e di immagini e storie fotografiche abbiamo deciso di partire per questo viaggio prima che scoppiasse la “bolla mediatica” di quello che sui social media è conosciuto con il tag #irandeal. Ci siamo rimasti un paio di settimane e abbiamo girovagato un po’ per il paese, zaino in spalla e in totale autonomia.
3. Cosa ti ha spinto ad organizzare il tuo viaggio in Iran?
Non me lo spiego ancora, Angela! È stata un’attrazione così improvvisa e fatale che, specialmente dopo le sensazioni successive al viaggio che ti preannuncio già molto positive, ho persino pensato che possa scorrere in me del sangue persiano! Da siciliano potrebbe essere senz’altro possibile, e i miei stessi caratteri somatici lo possono confermare: durante il viaggio più volte sono stato preso per iraniano, a tal punto che neppure la mia compagna di viaggio, che è bionda di capelli, pareva potesse tradire le mie vere origini!
4. Quando hai annunciato a famiglia e amici che stavi per andare in Iran, come l’hanno presa? Hanno provato a scoraggiarti?
Ma naturalmente sì! Mamma anziana a parte, che ha creduto andassi a far foto propriamente su un fronte di guerra accesa, ero esterrefatto delle espressioni incredule e rassegnate di amici e conoscenti a cui annunciassi quella mia decisione. Senza pretendere che tutti conoscessero le storie di tutti i paesi del mondo, davvero mi sono sorpreso di quanto poco e male si conosca oggi l’Iran, al limite appunto della distorsione prospettica.
Quasi tutti hanno provato a scoraggiarmi, ma il mio gusto maggiore era, purtroppo, nel verificare puntualmente la profonda disconoscenza diffusa relativamente alla situazione e alla vita nella Persia moderna; e questo, aggiungo, ha sin dall’inizio confermato quanto corrette fossero, al contrario, le mie intenzioni di indagine fotografica da svolgere sul posto, appunto sul tema dei contrasti percettivi.
Da tempo, infatti, sto lavorando su me stesso fotografo e sul tema del pregiudizio nell’immagine e sulla produzione dei cliché fotografici, reiterati talora per ignoranza personale ma spesso anche per il tramite di precisi schemi e filtri comunicativi, per esempio attraverso media sempre più disonesti. Sulla stessa falsariga tematica ho lavorato in passato sul tema dei Rom, altro tema storico che può dirsi emblematico di contenuti pregiudizievoli e di schemi distorti conseguentemente nella produzione fotografica; sui Rom ho fatto dei lavori in Macedonia che hanno avuto anche un discreto successo, ma mi sono altresì reso conto con i miei occhi quanto difficile sia proporre un prodotto scevro di elementi di giudizio o di etichetta precostituita, e nel contempo, sotto questo profilo, veramente innovativo.
A livello più alto, al limite appunto dei problemi di politica internazionale, e stante anche l’approssimarsi dell’appuntamento di Losanna relativo agli accordi sul nucleare iraniano, mi pareva interessante svolgere una esplorazione “personale” anche nel paese degli ayatollah: e non ti nascondo che la sfida per smontare quel pregiudizio è stata anche per me parecchio dura!
Ti posso garantire, per esempio, che nell’immaginario di un bambino che aveva solo sei anni all’epoca della rivoluzione islamica del ’79, l’immagine (fotografica, ma direi anche più “televisiva”) di Khomeini che è stata proposta, e che così si è radicata nel tempo, è alla stregua del fantomatico “uomo nero”, o di un nemico acerrimo e proverbiale (mi ricordo ancora le vignette di Forattini che in quegli anni uscivano su “la Repubblica”), se non propriamente quella di un satanasso dagli occhi iniettati di bracia, protagonista pertanto degli incubi infantili peggiori.
Per fortuna mi piacciono le sfide con il mio inconscio, perché mi piace approfondire prima di tutto la conoscenza intima con me stesso. E perciò sono partito!
5. Cosa ti è piaciuto di più del tuo viaggio in Iran? E cosa ti è piaciuto di meno?
Sono stato bene in Iran. Faccio fatica ad elencarti che “cosa” ho apprezzato di più e cosa invece no, preferisco invece spostare il mio grado di soddisfazione in termini più personali. Relativamente all’esperienza di viaggio avevo aspettative altissime, sono un maniaco dell’informazione e da più di sei mesi avevo avviato un percorso di formazione personale attraverso la documentazione fotografica e le letture più disparate; ogni elemento mi confermava la bontà della mia scelta ma, costruendo via via il mio itinerario di viaggio in Iran, di pari passo all’attesa aumentavano le aspettative. Nessuna di queste è stata tradita, né un viaggio così dettagliatamente organizzato è risultato meno emozionante, perché le sorprese non sono mancate (come sempre) e la giusta dose di imprevedibilità o casualità ha fatto il resto (per esempio non potevo immaginare di incappare anche in una tempesta di sabbia!). Infine, come detto, sono stato bene, mi sono sentito sempre libero, carico di energie positive, curioso, accettato cordialmente e specialmente al sicuro.
Volendo proprio ragionare sul “cosa”, quel che ho gradito di più è stata la cucina iraniana! Da uomo del sud sono viziato in tal senso, eppure in un momento di estasi gastronomica mi riferiscono d’aver affermato la definitiva superiorità della Kashke Bademjan persino alla “Parmigiana di Mammà”.
6. Dal punto di vista di fotografo, come hai visto l’Iran? Ti ha dato soddisfazioni? Ti ha deluso?
Credo si possa dire che è una specie di paradiso delle immagini, l’Iran! A beneficio di chi legge premetto che fotografare è molto semplice, non ci sono preclusioni né impedimenti, anzi l’immagine fotografica è generalmente accettata e apprezzata. Parliamo di un popolo di artisti, non dimentichiamolo, poeti ma anche fotografi, le cui ultime generazioni di autori sono già sul panorama internazionale.
Poi va detto pure che si tratta di un paese estremamente pregno di visioni, perciò credo sia utile prepararsi a fondo se non si vuole vivere in balia di quelle, ed esserne travolti. Serve conoscersi per capire il “che” e il “come”, e in Iran più che mai perché è un paese complesso, c’è tanto, e quindi dice e trasmette tanto.
Io mi occupo generalmente di reportage, e mi piace indagare gli ambiti della cultura e dell’identità di uomini e luoghi, e gli spazi che mi piace occupare con la mia fotografia sono quelli della memoria e della storia; il mio è un approccio diciamo umanistico, perché sono curioso specialmente sui desideri e su come la gente si sente e si vede, di quel che è, di quel che vuole e di quel che vuole essere. Il viaggio fotografico è questo per me, anche perché questo per me significa viaggiare “in me stesso”, innescando appunto una forma di dialogo con i luoghi che visito e i relativi occupanti, per capire meglio chi sono io, prima di tutto.
In Iran però mi sono confrontato con due elementi di una forza mai vista prima: un senso della storia sterminato, ed altrettanto sterminati spazi geografici. Credo che questo più di tutto mi abbia colpito, anche perché era quello che cercavo – la storia in forma di traccia, cioè una forma di fotografia “archeologica”- e di conseguenza al 100% soddisfatto.
C’è una bellezza antica in Iran, che va documentata perché nuova bellezza continuamente si crea, diventando così storia a venire.
Per risponderti, quindi: dal punto di vista fotografico mi ha colpito il senso di vastità e di sospensione attraversando luoghi senza tempo. Personalmente ho tentato di coglierlo non solo “riempiendo questi spazi enormi” dentro le mie foto con la bellezza dell’oggi, che è un presente già di per sé ben poggiato su un passato lontano e solido, ma anche ricorrendo allo strumento del racconto, così caro e profondamente radicato nella cultura persiana.
Credo di esserci riuscito perché trovo che nelle mie immagini siano presenti e coabitano sia il racconto che il ricordo e la memoria; fermo restando il rispetto e l’onestà, che ritengo indispensabili verso qualsiasi paese ci stia dando dimora.

7. Ho visto che stai facendo una mostra fotografica sul tuo viaggio in Iran con un’altra fotografa, Manuela Marchetti. Cosa volete mostrare? Cosa vi è piaciuto di più fotografare e in cosa avete avuto più difficoltà?
A questa domanda ovviamente ti rispondo coinvolgendo anche la mia partner Manuela Marchetti.
Sulle difficoltà e sui soggetti ti ho già detto alla risposta precedente, i nostri ambiti sono quelli propri del reportage perciò ci muoviamo attraverso scene di vita urbana e quotidiana, senza rinunciare al paesaggio che in Iran è un elemento talmente potente da invadere ogni inquadratura.
Fotografare l’Iran è come fotografare una donna bella e affascinate. L’Iran seduce l’occhio del fotografo e contro ogni luogo comune, e possiamo assieme affermare che non ci sono restrizioni diverse rispetto a qualsiasi altra parte del mondo. Con Manuela ci siamo abbandonati alle suggestioni di questo paese, che non abbiamo voluto descrivere ma raccontare attraverso le sensazioni, penetrare nella profonda intimità dei luoghi rispettando la solennità della storia e della cultura. Un viaggio nel “silenzio” come realtà che parla, come luogo dove trova espressione il linguaggio delle emozioni, un viaggio in un paese “senza tempo”, sospeso, dove passato, presente e futuro si intrecciano.
Dal materiale fotografico saranno realizzate due pubblicazioni curate da Paola Riccardi “Timeless Persia” e “Sokut” che presentano una nostra visione personale ma complementare; la prima mostra dei nostri due lavori è stata appena inaugurata a Parma e resterà visitabile fino al 20 marzo presso BLANK, ma ne seguiranno sicuramente delle altre in concomitanza di Fotografia Europea a Reggio Emilia, a maggio, laddove prevediamo anche la presentazione del lancio dei libri.
8. Come hai trovato la gente del posto?
Non diversa da me.
Sono stato lungo al limite del prolisso sinora, quindi permettimi di essere conciso al massimo su questo punto. Si è innescato in me il riconoscimento, perciò tanto basti dire.
9. C’è un’esperienza particolare del tuo viaggio in Iran che ricordi con piacere?
No, non mi sembra. Mi ricordo più una sensazione che ho vissuto mentre passeggiavo per uno dei viali di Isfahan: qualcosa e non so cosa, forse la luce o qualche odore, mi ha riportato alla mente mio padre, che non c’è più da una decina di anni. È stato più un déjà-vu, nel senso che mi sono rivisto bambino a passeggiare per mano proprio con lui, in quel luogo.
Ovviamente deve essere stato un sogno… ma è stato bello, e ne conservo un ricordo dolce.
10. Ti piacerebbe tornarci?
Sì, anzi ci spero, anzi no, lo desidero e vorrei già essere lì. Spero prima possibile, se non già quest’anno nuovo. Abbiamo in mente un’idea di estensione del progetto fotografico intrapreso, speriamo di riuscire ad attuarla, di certo abbiamo voglia di fermarci più a lungo nella capitale, che per assurdo è il luogo più complesso da comprendere a livello fotografico e richiede specialmente una guida locale.
11. Consigli ai tuoi amici italiani di scegliere l’Iran come loro destinazione per le vacanze?
Senza alcun dubbio, ed aggiungo a loro beneficio che l’ho trovato uno dei luoghi più sicuri in cui io sia mai stato, di certo assai più sicuro di tutte, ripeto tutte, le città europee in cui ho messo piede.
12. C’è qualcos’altro che ti va di condividere sulle tue esperienze iraniane?
No, ho già detto sin troppo, preferisco lasciare un po’ di curiosità, anzi spero di essere riuscito nell’intento di lasciare anche nelle mie fotografie un minimo “margine di manovra”, a beneficio della fantasia degli spettatori!
Il resto spero lo possano vivere loro stessi come personale esperienza, nei luoghi: perciò auguro a tutti di lasciarsi rapire dall’Iran e dalla sua gente, e dai loro racconti infiniti ma che mai annoiano.
E ti ringrazio, Angela, di questa intervista. Ti segnalo anche il mio sito web, Davide Palmisano Fotografia, perché tu e i tuoi lettori possiate restare aggiornati sull’evolversi del progetto fotografico.
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