Sono molte le ragioni per visitare Shiraz, nell’Iran centrale, dalla moschea di Nasir al-Molk che fa tanto parlare di sé per il gioco di luci che la pervade la mattina, ai mausolei funerari dei due famosi poeti Hafez e Saadi. Tuttavia, una delle attrazioni che raramente chi visita l’Iran per la prima volta si sognerebbe mai di trascurare è Persepoli, capitale cerimoniale dell’impero persiano della dinastia degli Achemenidi, patrimonio dell’umanità dell’UNESCO dal 1979, e uno dei miei 10 motivi per visitare l’Iran.
Dopo essere stata tre volte a Persepoli, posso affermare che è a pieno titolo tra le esperienze iraniane che non mi stanco mai di ripetere.
La prima volta che sono andata, l’autista che avevamo prenotato per la giornata ci aspettava fuori dall’hotel la mattina all’orario stabilito, e dopo il solito scambiarmi per un’Iraniana, ci ha fatto sapere che “per un importante appuntamento” sarebbe dovuto essere di ritorno a Shiraz entro le 4 del pomeriggio, in caso ci venisse voglia di bighellonare un po’ troppo a lungo tra le rovine dimenticandoci che gli abitanti di Shiraz molto raramente rischiano di farsi in quattro con turni extra.
Quasi due ore e un intero CD di musica Bandari dopo, è ufficialmente iniziata la mia full immersion nell’antica gloria persiana. A circa 135 km da Shiraz si trova Pasargade, la più antica città dell’impero achemenide dove i turisti affluiscono copiosi per vedere e rendere omaggio a Ciro il Grande, fondatore sia della potente dinastia che della sua capitale, e la cui tomba accoglie i visitatori con tutta la sua imponenza e maestosità.
Circondate da una catena di colline brulle e con pochi ciuffi verdi sparsi qui e là si trovano i resti immortali di Pasargade, a partire dalla sua cittadella, Tall-i-Takht (Collina del Trono), per arrivare proprio al mausoleo funerario di Ciro il Grande, alto circa 11 metri e fatto costruire da lui stesso per assicurarsi un tranquillo passaggio nell’aldilà e una permanenza degna di un imperatore. Da qui, una sequenza di illustri rovine porta dritta a uno dei siti archeologici più importanti della provincia iraniana del Fars, Naqsh-e Rostam, un onnicomprensivo assortimento di mastodontici sepolcri appartenenti a diverse epoche della storia dell’antica Persia, dagli Elamiti agli Achemenidi ai Sasanidi, un prezioso insieme di diversi stili architettonici delle prime dinastie dell’Impero Persiano tutti raggruppati in un unico sito.
Era da tempo che sognavo di varcare l’uscio della Porta delle Nazioni, dalle scuole medie credo, e quando finalmente mi sono trovata sulla soglia della sontuosa sede dell’impero achemenide, tutto quello a cui riuscivo a pensare era un piatto di mirza ghasemi a base di melanzane.
Con gli inevitabili crampi della fame che insidiava la mia capacità di concentrazione e rischiava di rovinare quel momento storico, insieme alla mia amica e perenne compagnia di (dis)avventure iraniane abbiamo deciso di concederci un meritato intervallo a base di khak-e-shir, popolare bevanda dal potere disintossicante preparata con i semi di una pianta conosciuta con l’infelice nome di erba cornacchia irida, dal momento che i ristoranti erano troppo lontani.
Il fascino di Persepoli non ha bisogno di spiegazioni. Fondata da Dario il Grande intorno al 518 a.C. nella vasta pianura del Marv Dasht, l’antica capitale dell’impero emana magnificenza dalla stessa entrata, la monumentale Porta delle Nazioni, dove figure mitologiche di tori muniti di ali d’aquila e testa di uomo barbuto hanno il compito di allontanare il male.
Il raffinato bassorilievo della scalinata dell’Apadana che conduce al palazzo di Dario, dove sono ritratti gli “Immortali”, le guardie reali tanto lodate da Erodoto, al fianco di re, dignitari e alberi di cipresso simbolo di immortalità, sembra curato e preciso come se fosse stato appena scolpito, rendendomi facile e immediato immaginarmi lo splendore di una vita passata, con uomini in tunica gigioneggiare tra colonne giganti e donne tutte eleganti scintillare nei loro vistosi gioielli. Le strade le immagino addobbate a festa con sculture finemente intarsiate e palazzi fiabeschi, mentre il fuoco millenario zoroastriano già bruciava notte e giorno nel cuore di quella che ancora oggi è considerata una delle più illuminate civiltà del mondo antico.
Vantando un’affascinante collezione di sculture che ritraggono il mitico imperatore Dario il Grande e i simboli della religione zoroastriana adorati in Persia a partire dalla dinastia achemenide, l’antica capitale cerimoniale dell’impero è capace di catapultarci a circa 2300 anni fa grazie alla sua distesa di antichi stili architettonici, gli immancabili alberi di cipresso presenti ancora oggi in decorazioni e celebrazioni moderne, battaglie e momenti di vita quotidiana.
Non è mai facile allontanarsi da reperti immortali, e Persepoli, con le sue maestose colonne che svettano altissime, i resti di palazzi una volta lussuosi prima della furia incendiaria di Alessandro il Grande, e la magnificenza di un impero che fu, non manca mai di trasmettere un senso di civiltà perduta. Ma Shiraz, le città dove la licenza poetica sembra aver assunto con nonchalance lo status di routine quotidiana, aveva altra bellezza in programma per noi.
Tornare in città ci è sembrato un po’ come un viaggio nel tempo che si è fermato da qualche parte nel XIII secolo per permetterci di sognare e perderci tra i sinuosi versi e la saggezza di due dei suoi poeti più famosi, Hafez e Saadi. Tra storia, romanticismo e poesia, non importa quanto si sta a Shiraz, la sua atmosfera ci accompagnerà finché non decidiamo di tornarci.
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